Giovan Tommaso Conte è certamente una delle personalità più rappresentative della cultura locale alla fine del Cinquecento e l’opera della quale si discute è l’unica sicuramente sua perché firmata e datata.
Appartenne verosimilmente alla famiglia dei Conte, operativa a Castrovillari tramite due pittori nel XVI secolo e due argentieri in quello successivo.
Il maestro ha ricevuto gli effetti derivati dagli svolgimenti pittorici di Pietro Negroni, che nella sua terra natia ha lasciato dipinti importantissimi e tra questi, due notissime tavole datate rispettivamente 1552 e 1560, nel Santuario di S. Maria del Castello a Castrovillari.
La tela mostra una sacra conversazione che si svolge tra la Vergine seduta su un suppedaneo, con in braccio il Bambino che allunga un tralcio (virgulto di palma) a S. Caterina d’Alessandria, mentre nell’altro lato compare San Giacomo Maggiore.
La prima, secondo la Legenda Aurea, era una giovane molto bella, nobile, unica figlia del re di Costa che qui si presenta incoronata e con i suoi attributi: la ruota, strumento del martirio; la palma, premio del martire e la spada con cui venne decapitata. Inoltre ai suoi piedi si nota l’imperatore Massenzio – che la giustiziò –, da lei calpestato.
Il secondo munito del bastone di pellegrino, reca in mano un libro, simbolo del suo apostolato.
L’iscrizione sul suppedaneo evidenzia che l’opera venne commissionata dai confratelli della confraternita di San Giacomo, raffigurati genuflessi verso il loro protettore, in proporzioni ridotte, nel rispetto di un evidente significato gerarchico. Pertanto pure la derivazione dalla chiesa omonima – dove la congrega aveva sede – risulta più attendibile.
Alle spalle delle sacre figure, oltre gli archi, si nota un paesaggio comprendente edifici, nel chiarore tenue che volge verso rosee tonalità.